
Sono stata straniera anch'io. Mi sono ritrovata catapultata in un posto strano dove nessuno, tranne la mia famiglia, parlava la mia lingua. Ho frequentato le classi dedicate agli stranieri per imparare velocemente la lingua e favorire l'inserimento scolastico.
Classi dedicate. Non separate. Corsi paralleli e aggiuntivi, poi si tornava a scuola a cercare di mettere in pratica ciò che si era imparato. Ho provato la frustrazione di non riuscire a esprimere bene ciò che pensavo, di non riuscire a litigare efficacemente. Ho finito per parlare con mio fratello in una lingua e con mia madre in un'altra. Mi sono sentita chiamare "spaghetti", "maccheroni" e "pizzapasta". Qualche compagno di scuola accennava "Just one cornetto" quando passavo. Le mie compagne mi insegnavano a fare la ruota e la verticale, si facevano insegnare l'italiano e facevamo le torte di fango nell'immenso parco della scuola.
Il preside della scuola somigliava in maniera impressionante a Walter Matthau, e suonava il pianoforte durante le assemblee. Vendevo assaggi di frittata di maccheroni nell'intervallo del pranzo. Mi sono innamorata delle biblioteche, della scienza, dei crumpets e dei narcisi. Ho mangiato i ravioli in scatola della mensa della scuola. No, agli spaghetti on toast non mi sono mai arresa.
Ho provato cosa significa essere un'etichetta, un archetipo, una categoria, non una persona. Tutto ciò che facevo, lo facevo perchè italiana, non perchè Elisabetta non era una gran cima in ginnastica, non lo è mai stata e mai lo sarà. Mi sa che per colpa mia qualche inglese è convinto che gli italiani non sappiano saltare gli ostacoli. Però ho imparato ad andare in bicicletta, e ho conosciuto il variegato mondo dell'"Art&Crafts".
Nell'ora di inglese, a scuola, si leggeva "The Hobbit" o "TheLion, the Witch and the Wardrobe"; e mi sono sempre detta che in materia di letteratura per ragazzi gli inglesi son più fortunati. Ho scoperto quanto possa essere rilassante un posto dove tutti, più o meno, seguono le regole, e dentro quelle regole puoi essere ciò che vuoi. Anche andare in giro con i capelli blu, se ti va. Anche perchè appena esci dalle regole, c'è sempre un bobby pronto a riprenderti con un "Young Lady!!" che mi intimoriva ma mi faceva sentire grande.
Per me Barbie era Cindy e in cucina aveva la kettle per fare il the alle amiche. Scrivevo lunghe lettere alle amiche in Italia e aspettavo impaziente la risposta, come aspettavo ogni settimana l'arrivo del "Corriere del Piccoli". Almeno restavo aggiornata sulle avventure della Stella della Senna :)
Quando invitavamo qualche compagno di classe a casa, noi bambini si cenava alle 18.00 e la pasta era un contorno. E questa cosa di cenare separati da mamma e papà non mi convinceva per niente. Quando i miei genitori organizzavano una cena tra colleghi, a tavola c'erano cinesi, brasiliani, argentini, polacchi, salvadoreni. E italiani, sì, i famosi cervelli in fuga. Inglesi pochini, e di solito avevano un partner straniero.
La nostra baby-sitter era la figlia dei vicini, una bellissima ragazza indiana che si guadagnava i soldi per il college sorvegliando quelle due piccole pesti italiane. Ho scoperto quanto poco contino le differenze, se le persone hanno la voglia (e la cultura) di incontrarsi. Ammiravo il giardino perfetto della vicina inglese, ma preferivo il nostro, nel quale erano cresciuti tre girasoli su cui gli scoiattoli si arrampicavano per staccare i semi, e poi si appendevano a testa in giù a mangiarli.
Abbiamo scoperto un'affinità elettiva con J., una dolcissima signora cinese che aveva sposato un dolcissimo signore inglese. Mentre lui falciava il prato, lei cucinava con le bacchette. Sarei stata ore a guardarla. E sapeva anche far passare il mal di testa con un massaggio. Instintivamente, mi sono sempre sentita molto più a mio agio con J. o con la vicina indiana o con l'amica salvadorena che con le mie compagne inglesi che mangiavano le patatine a letto prima di addormentarsi. Ovvio, direte voi, eravate tutti stranieri. Sì, ma c'era anche qualcosa di più profondo, viscerale. Qualcosa che aveva a che fare con il senso della famiglia, il piacere di ritrovarsi a tavola insieme, il modo di affrontare la preparazione dei cibi.
Il sabato si andava in centro, magari per visitare il museo della scienza, o per andare a fare la spesa dal salumiere italiano che aveva il negozio nel quartiere di SOHO (cosa che scatenava l'ilarità dei miei compagni di classe, e chi conosce il quartiere immagina perchè). E si mangiava fuori, qualche volta al Pub, ma non era semplice trovarne uno che facesse entrare anche bambini. Più spesso si finiva al ristorante cinese, e di solito da Chuen Cheng Ku. Rigorosamente ad ora di pranzo, perchè solo a ora di pranzo ci sono i dim sum. Che poi, vabbè, il fatto che l'ora di pranzo dei cinesi finisca alle 6 del pomeriggio, mentre i Pub chiudono la cucina alle 3, è solo un altro elemento dell'affinità elettiva.
Esistono centinaia di tipi di Dim Sum, ho provato a farne un paio. La seconda ricetta è dedicata al mio little brother, that was there with me, that was always there for me.
Il preside della scuola somigliava in maniera impressionante a Walter Matthau, e suonava il pianoforte durante le assemblee. Vendevo assaggi di frittata di maccheroni nell'intervallo del pranzo. Mi sono innamorata delle biblioteche, della scienza, dei crumpets e dei narcisi. Ho mangiato i ravioli in scatola della mensa della scuola. No, agli spaghetti on toast non mi sono mai arresa.
Ho provato cosa significa essere un'etichetta, un archetipo, una categoria, non una persona. Tutto ciò che facevo, lo facevo perchè italiana, non perchè Elisabetta non era una gran cima in ginnastica, non lo è mai stata e mai lo sarà. Mi sa che per colpa mia qualche inglese è convinto che gli italiani non sappiano saltare gli ostacoli. Però ho imparato ad andare in bicicletta, e ho conosciuto il variegato mondo dell'"Art&Crafts".
Nell'ora di inglese, a scuola, si leggeva "The Hobbit" o "TheLion, the Witch and the Wardrobe"; e mi sono sempre detta che in materia di letteratura per ragazzi gli inglesi son più fortunati. Ho scoperto quanto possa essere rilassante un posto dove tutti, più o meno, seguono le regole, e dentro quelle regole puoi essere ciò che vuoi. Anche andare in giro con i capelli blu, se ti va. Anche perchè appena esci dalle regole, c'è sempre un bobby pronto a riprenderti con un "Young Lady!!" che mi intimoriva ma mi faceva sentire grande.
Per me Barbie era Cindy e in cucina aveva la kettle per fare il the alle amiche. Scrivevo lunghe lettere alle amiche in Italia e aspettavo impaziente la risposta, come aspettavo ogni settimana l'arrivo del "Corriere del Piccoli". Almeno restavo aggiornata sulle avventure della Stella della Senna :)
Quando invitavamo qualche compagno di classe a casa, noi bambini si cenava alle 18.00 e la pasta era un contorno. E questa cosa di cenare separati da mamma e papà non mi convinceva per niente. Quando i miei genitori organizzavano una cena tra colleghi, a tavola c'erano cinesi, brasiliani, argentini, polacchi, salvadoreni. E italiani, sì, i famosi cervelli in fuga. Inglesi pochini, e di solito avevano un partner straniero.
La nostra baby-sitter era la figlia dei vicini, una bellissima ragazza indiana che si guadagnava i soldi per il college sorvegliando quelle due piccole pesti italiane. Ho scoperto quanto poco contino le differenze, se le persone hanno la voglia (e la cultura) di incontrarsi. Ammiravo il giardino perfetto della vicina inglese, ma preferivo il nostro, nel quale erano cresciuti tre girasoli su cui gli scoiattoli si arrampicavano per staccare i semi, e poi si appendevano a testa in giù a mangiarli.
Abbiamo scoperto un'affinità elettiva con J., una dolcissima signora cinese che aveva sposato un dolcissimo signore inglese. Mentre lui falciava il prato, lei cucinava con le bacchette. Sarei stata ore a guardarla. E sapeva anche far passare il mal di testa con un massaggio. Instintivamente, mi sono sempre sentita molto più a mio agio con J. o con la vicina indiana o con l'amica salvadorena che con le mie compagne inglesi che mangiavano le patatine a letto prima di addormentarsi. Ovvio, direte voi, eravate tutti stranieri. Sì, ma c'era anche qualcosa di più profondo, viscerale. Qualcosa che aveva a che fare con il senso della famiglia, il piacere di ritrovarsi a tavola insieme, il modo di affrontare la preparazione dei cibi.
Il sabato si andava in centro, magari per visitare il museo della scienza, o per andare a fare la spesa dal salumiere italiano che aveva il negozio nel quartiere di SOHO (cosa che scatenava l'ilarità dei miei compagni di classe, e chi conosce il quartiere immagina perchè). E si mangiava fuori, qualche volta al Pub, ma non era semplice trovarne uno che facesse entrare anche bambini. Più spesso si finiva al ristorante cinese, e di solito da Chuen Cheng Ku. Rigorosamente ad ora di pranzo, perchè solo a ora di pranzo ci sono i dim sum. Che poi, vabbè, il fatto che l'ora di pranzo dei cinesi finisca alle 6 del pomeriggio, mentre i Pub chiudono la cucina alle 3, è solo un altro elemento dell'affinità elettiva.
Esistono centinaia di tipi di Dim Sum, ho provato a farne un paio. La seconda ricetta è dedicata al mio little brother, that was there with me, that was always there for me.
POTSTICKERS
(...che letteralmente sarebbero gli... Azzeccapadella?)

Per la pasta:
2 tazze di farina (240 gr)
1/2 cucchiaino di sale
1 uovo
1/4 tz acqua (80 gr)
Per il ripieno e la salsa:
Ho usato gli stessi degli involtimi primavera che trovate qui. In realtà... sbizzarritevi.
Sbattere l'uovo, l'acqua e il sale e impastare lentamente con la farina setacciata in modo da ottenere una pasta liscia. La misura della farina è in tazze, e ho trovato conversioni discordanti per cui occorre regolarsi in modo da ottenere un impasto nè secco nè appiccicoso. Lasciare riposare un'ora.
Staccare una pallina di impasto grande quanto una pallina da ping-pong e stenderla con il matterello cercando di ottenere una forma più tonda possibile, dello spesso di 2-3 mm massimo. Oppure, per quelle che come me devono ancora padroneggiare la sacra arte mattarella (Cibou, sto facendo pratica, visto?) stendere una sfoglia un po' più grande e ritagliare un cerchio con una ciotolina. Deve risultare un cerchio di circa 15 cm di diametro.
Sistemare una cucchiaiata di ripieno al centro e bagnare leggermente la pasta intorno al ripieno, vicino ai bordi. Sollevare due lati opposti della sfoglia e farli aderire al centro. Si otterà una specie di cannolo. Ahem, con le mani piene di farina è complicato fare le foto, e a parole è complicatissimo da spiegare, per cui vi rimando a questo sito che è molto esplicativo anche se è in inglese: tenete solo presente che bisogna fare le piegoline sempre verso il centro, da un lato e dall'altro. Tenere i fagottini preparati sotto un tovagliolo o della pellicola per non farli asciugare. Per cuocere i fagottini occorre una padella o una pentola dal fondo spesso e antiaderente, dotata di coperchio che chiuda bene. Scaldare la padella, ungendo il fondo con un cucchiaio di olio, su fuoco vivace. Quando è calda adagiare i fagottini, in modo che non si tocchino fra loro, e far cuocere per 1 minuto finchè il fondo è marrone chiaro. Versare 1/4 di tazza di acqua (circa 80 gr) nella padella, e coprire immediatamente con il coperchio. Abbassare un poco la fiamma e fare andare a "vapore" per 3 minuti. Aprire il coperchio e lasciare asciugare il liquido rimasto.
Aprire un fagottino per vedere se il ripieno si è cotto. In realtà io ho dovuto ripetere un'altra volta la cottura a "vapore". Io ne avevo preparati pochi per cui me la sono cavata così: se ne fate tanti, a questo punto, togliete la padella da fuoco, levate i fagottini cotti dalla padella, pulire la padella con della carta da cucina e ripetere l'operazione fino a esaurimento scorte.
(...che letteralmente sarebbero gli... Azzeccapadella?)

Per la pasta:
2 tazze di farina (240 gr)
1/2 cucchiaino di sale
1 uovo
1/4 tz acqua (80 gr)
Per il ripieno e la salsa:
Ho usato gli stessi degli involtimi primavera che trovate qui. In realtà... sbizzarritevi.
Sbattere l'uovo, l'acqua e il sale e impastare lentamente con la farina setacciata in modo da ottenere una pasta liscia. La misura della farina è in tazze, e ho trovato conversioni discordanti per cui occorre regolarsi in modo da ottenere un impasto nè secco nè appiccicoso. Lasciare riposare un'ora.
Staccare una pallina di impasto grande quanto una pallina da ping-pong e stenderla con il matterello cercando di ottenere una forma più tonda possibile, dello spesso di 2-3 mm massimo. Oppure, per quelle che come me devono ancora padroneggiare la sacra arte mattarella (Cibou, sto facendo pratica, visto?) stendere una sfoglia un po' più grande e ritagliare un cerchio con una ciotolina. Deve risultare un cerchio di circa 15 cm di diametro.
Sistemare una cucchiaiata di ripieno al centro e bagnare leggermente la pasta intorno al ripieno, vicino ai bordi. Sollevare due lati opposti della sfoglia e farli aderire al centro. Si otterà una specie di cannolo. Ahem, con le mani piene di farina è complicato fare le foto, e a parole è complicatissimo da spiegare, per cui vi rimando a questo sito che è molto esplicativo anche se è in inglese: tenete solo presente che bisogna fare le piegoline sempre verso il centro, da un lato e dall'altro. Tenere i fagottini preparati sotto un tovagliolo o della pellicola per non farli asciugare. Per cuocere i fagottini occorre una padella o una pentola dal fondo spesso e antiaderente, dotata di coperchio che chiuda bene. Scaldare la padella, ungendo il fondo con un cucchiaio di olio, su fuoco vivace. Quando è calda adagiare i fagottini, in modo che non si tocchino fra loro, e far cuocere per 1 minuto finchè il fondo è marrone chiaro. Versare 1/4 di tazza di acqua (circa 80 gr) nella padella, e coprire immediatamente con il coperchio. Abbassare un poco la fiamma e fare andare a "vapore" per 3 minuti. Aprire il coperchio e lasciare asciugare il liquido rimasto.
Aprire un fagottino per vedere se il ripieno si è cotto. In realtà io ho dovuto ripetere un'altra volta la cottura a "vapore". Io ne avevo preparati pochi per cui me la sono cavata così: se ne fate tanti, a questo punto, togliete la padella da fuoco, levate i fagottini cotti dalla padella, pulire la padella con della carta da cucina e ripetere l'operazione fino a esaurimento scorte.
Alcune note:
- Questa pasta può essere tranquillamente usate per preparare gli involtini primavera al forno, se la preferite :)
- Ripieno e pasta non coincidono MAI, credo sia una legge della fisica. Avanzerà o l'uno o l'altro. La pasta si può tranquillamente congelare, anzi, congelatela già stesa, arrotolata nella carta forno, e mettetela a scongelare in frigo. NON nel microonde (me lo potete ripetere, sì... pane e volpe la mattina!!).
CHAR SIU BAO
...for my little brother...

Liberamente tratta da qui e qui.
Per l'impasto (per 24 panini)
1 busta di lievito di birra disidratato o 1 panetto di lievito di birra fresco
1 tazza di acqua tiepida (240 ml)
4 e 1/2 tazze di farina (540 gr)
1/4 tazza di zucchero (50 gr)
2 cucchiai d'olio
1/2 tazza di acqua bollente (120 ml)
2 cucchiai di olio di semi di sesamo (o olio di oliva...)
Per il ripieno
300 gr macinato di maiale (doveva essere carne di maiale tagliata a cubetti, vabbe')
1 testa di insalata belga
1 carota
1 cipolla
1 cucchiaio di salsa di soia
2 cucchiai di salsa agrodolce degli involtini primavera
Tritare insalata belga, carota e cipolla. Mescolare alla carne. Aggiungere le salse e mettere in frigo a marinare. Nel frattempo preparare l'impasto.
Se si usa il lievito disidratato da riattivare, scioglierlo nell'acqua tiepida e aggiungere due cucchiaini di zucchero. Lasciare riposare coperto per 10 minuti, fino a che compare la schiuma (consultare in ogni caso le istruzioni sulla confezione). Se invece si usa il lievito di birra fresco o quello disidratato ma istantaneo (tipo Mastro Fornaio, giusto per non fare nomi...) questo passaggio si può saltare.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida (o recuperare la miscela di prima...) e aggiungere 1 tazza (120 gr) di farina, mescolando bene. Coprire con un panno e lasciare lievitare 1 ora, finchè non appaiono delle bolle.
Sciogliere zucchero e olio in 1/2 tazza di acqua bollente (sciogliere l'olio nell'acqua??? vabbè, diciamo che ha detto emulsionare :P), e lasciare raffreddare fino a che diventi tiepida. Aggiungere alla pasta lievitata e poi aggiungere la restante farina. Adagiare la pasta in una grande ciotola leggermente unta d'olio, coprire con un telo umido e lasciare lievitare in un luogo tiepido per 2 ore.
Tirare fuori la carne. Scaldare un cucchio d'olio in una padella larga e saltare la carne e le verdure finchè il composto è ben cotto e asciutto. Lasciare raffreddare.
Passato il periodo di lievitazione, riprendere l'impasto, impastare per 1 minuto, e ricavare infine un "salame" di pasta di 5 cm di diametro. Tagliare delle fette spesse 2,5 cm. Appiattire le fettine con le mani, in modo da ottenere delle "pizzette" di circa 8 cm di diametro. Se si vuole, si può usare il mattarello, ma questo ridurrà la capacità di lievitare dell'impasto.
Mettere 2 cucchiai di ripieno al centro di ogni pizzetta, bagnare i bordi e piegarli tutt'intorno in modo da chiudere la pasta intorno al ripieno. Raccogliere le pieghe al centro e chiudere bene, torcendole.
Mettere i panini nel cestello per il vapore e farli lievitare un'altra ora, ovvero finchè la pasta è abbastanza elastica da tornare in forma se la punzecchiate con il dito. Cuocere a vapore per 10 minuti.
Io li ho cotti 10 minuti al primo anello nella pentola a pressione (e che mi perdevo quest'occasione, ora che ho scoperto la funzione vapore??).
...for my little brother...

Liberamente tratta da qui e qui.
Per l'impasto (per 24 panini)
1 busta di lievito di birra disidratato o 1 panetto di lievito di birra fresco
1 tazza di acqua tiepida (240 ml)
4 e 1/2 tazze di farina (540 gr)
1/4 tazza di zucchero (50 gr)
2 cucchiai d'olio
1/2 tazza di acqua bollente (120 ml)
2 cucchiai di olio di semi di sesamo (o olio di oliva...)
Per il ripieno
300 gr macinato di maiale (doveva essere carne di maiale tagliata a cubetti, vabbe')
1 testa di insalata belga
1 carota
1 cipolla
1 cucchiaio di salsa di soia
2 cucchiai di salsa agrodolce degli involtini primavera
Tritare insalata belga, carota e cipolla. Mescolare alla carne. Aggiungere le salse e mettere in frigo a marinare. Nel frattempo preparare l'impasto.
Se si usa il lievito disidratato da riattivare, scioglierlo nell'acqua tiepida e aggiungere due cucchiaini di zucchero. Lasciare riposare coperto per 10 minuti, fino a che compare la schiuma (consultare in ogni caso le istruzioni sulla confezione). Se invece si usa il lievito di birra fresco o quello disidratato ma istantaneo (tipo Mastro Fornaio, giusto per non fare nomi...) questo passaggio si può saltare.
Sciogliere il lievito nell'acqua tiepida (o recuperare la miscela di prima...) e aggiungere 1 tazza (120 gr) di farina, mescolando bene. Coprire con un panno e lasciare lievitare 1 ora, finchè non appaiono delle bolle.
Sciogliere zucchero e olio in 1/2 tazza di acqua bollente (sciogliere l'olio nell'acqua??? vabbè, diciamo che ha detto emulsionare :P), e lasciare raffreddare fino a che diventi tiepida. Aggiungere alla pasta lievitata e poi aggiungere la restante farina. Adagiare la pasta in una grande ciotola leggermente unta d'olio, coprire con un telo umido e lasciare lievitare in un luogo tiepido per 2 ore.
Tirare fuori la carne. Scaldare un cucchio d'olio in una padella larga e saltare la carne e le verdure finchè il composto è ben cotto e asciutto. Lasciare raffreddare.
Passato il periodo di lievitazione, riprendere l'impasto, impastare per 1 minuto, e ricavare infine un "salame" di pasta di 5 cm di diametro. Tagliare delle fette spesse 2,5 cm. Appiattire le fettine con le mani, in modo da ottenere delle "pizzette" di circa 8 cm di diametro. Se si vuole, si può usare il mattarello, ma questo ridurrà la capacità di lievitare dell'impasto.
Mettere 2 cucchiai di ripieno al centro di ogni pizzetta, bagnare i bordi e piegarli tutt'intorno in modo da chiudere la pasta intorno al ripieno. Raccogliere le pieghe al centro e chiudere bene, torcendole.
Mettere i panini nel cestello per il vapore e farli lievitare un'altra ora, ovvero finchè la pasta è abbastanza elastica da tornare in forma se la punzecchiate con il dito. Cuocere a vapore per 10 minuti.
Io li ho cotti 10 minuti al primo anello nella pentola a pressione (e che mi perdevo quest'occasione, ora che ho scoperto la funzione vapore??).

Vabbè, sono venuti discreti, posso solo dire al fratellino che mi esercito epr quando mi verrà a trovare :D
Appello: perchè nessun ristorante cinese in italia li propone? Perchè i menù dei ristoranti cinesi in Italia sembrano tutti uguali??
Appello: perchè nessun ristorante cinese in italia li propone? Perchè i menù dei ristoranti cinesi in Italia sembrano tutti uguali??